RACCONTI DALLA QUARANTENA #2 – IL SILENZIO

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Temevamo la solitudine e siamo stati esauditi… oltre le attese: eccoci alla convivenza coatta…   viviamo tutti in una famiglia intima, raccolta, simbiotica… praticamente un lichene… una cellula sana, tenace nel sopravvivere, che mantiene le distanze dal corpaccione infetto dell’umanità portatrice di virus.

Difendiamo la nostra purezza di famiglia, come una ragazza illibata custodisce la sua verginità. Abbiamo imparato tante cose. Che parlando sputacchiamo di tutto: goccioline di saliva, aerosol, microbi e virus. Schifezze. Un interlocutore è in realtà un inter-sputacchiatore.  Dobbiamo prenderne le distanze. Un metro è già poco, per non sorbire quella doccia mefitica, ce ne vogliono due.

In famiglia è diverso: siamo geneticamente assimilati, possiamo scambiarci le goccioline… ci siamo scambiati anche di peggio… lo spazio vitale! All’inizio della segregazione domiciliare eravamo litigiosi, irritabili. So che in qualche famiglia particolarmente vivace qualcuno, per prudenza, aveva messo in tavola solo posate di plastica. Anche una forchetta, nelle mani sbagliate, può diventare un’arma impropria. Poi tutto è cambiato. È caduto il silenzio. Adesso ci ignoriamo, semplicemente.

A parte la disquisizione su chi si toglie il pigiama per ultimo, e chi lo vorrebbe indossare perennemente, ognuno si fa i fatti suoi. È tornato a se stesso. Chi telefona, chi ascolta la musica negli auricolari, chi osserva il computer, ormai per vizio, più che per interesse. Talvolta qualcuno apre bocca, ma nessuno lo ascolta, tanto l’argomento è sempre quello e lo sappiamo a memoria. Chi è distratto da una telefonata, chi da un messaggino in arrivo. Ci scansiamo nel corridoio come si faceva sull’autobus. Quando si viveva all’aperto.

I medici ci chiedevano l’isolamento fisico, per guarire la pandemia. Noi ci siamo spinti oltre, sconfinando nell’isolamento mentale. Il silenzio che è sceso su di noi parla il linguaggio della telepatia. Sappiamo di essere tutti abbastanza incazzati, annoiati, angustiati del peggio e del dopo peggio, che come tutti i media sostengono, ne seguirà. Parlarne è diventato inutile. È ormai sottinteso.

Ci siamo fatti la corazza contro tutte le cospirazioni possibili: ce ne arrivano un paio al giorno, fantasiose, inverosimili, ma vere, nella dimensione dell’attimo fuggente. Poi cadono nell’oblio, senza essere sconfessate o verificate. Svaniscono nell’aria, come le goccioline che spruzzavamo intorno parlando. Ora che stiamo zitti, non le spruzziamo più. Con gran beneficio per l’igiene domestico.

Ho ricevuto da parte di amici maliziosi così tante foto di donne nude, turgide, siliconate, eccitanti e lubriche, da rischiare di passare sull’altra sponda. Anziché contro il virus mi sto immunizzando contro il gentil sesso. Di tette a cocomero non ne posso più. Mi fanno senso, forse temo che esplodano… chissà quante goccioline spruzzerebbero in giro. Ma il virus sopravvive nel silicone?

Un altro giorno comunque l’abbiamo ammazzato, senza che il virus abbia ammazzato noi. Uno a zero. Per oggi è già un buon risultato. Ne riparleremo domani.

 

Gianni Monduzzi

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