Il mio passatempo preferito è, ogni sera, aggiornare il mio prospetto dei dati del Coronavirus. E’ una griglia complessa, che fa in automatico le proiezioni per il futuro. Ogni sera verifico se mi sono venuti i numeri, come al lotto.
Ho notato varie stranezze, nei dati che sono forniti dalle varie nazioni.
Dei cinesi ne sono morti pochissimi, rispetto ai contagiati e soprattutto alla popolazione. La cosa non mi stupisce: anche i cinesi che vivono qui da noi, non muoiono mai.
I Coreani infettati ormai vivono in ospedale da mesi, ma non passano a miglior vita, nemmeno loro. Questo conferma il carattere ostinato degli orientali.
I Francesi, da quando si sono accorti che stanno per superare “les Italiens” non forniscono più i dati da giorni. Ma si sapeva già che tendono a nascondere la realtà quando la loro presunta superiorità su di noi fa cilecca.
Gli spagnoli si sono subito piazzati al primo posto in Europa, e la cosa mi dispiace, perché sono il popolo che più mi sta simpatico. Non gli fa bene questo primato.
La Germania ha avuto subito la meglio sul virus, che si è trovato in evidente difficoltà di fronte a un avversario così temibile: morti pochissimi, guarigioni lampo. Deutschland über alles…
Gli olandesi hanno offerto un paradiso fiscale anche al virus, che li ha contraccambiati, risparmiandoli.
Quanto agli inglesi, Boris Johnson faceva il gradasso assicurando che non avrebbe imposto la quarantena, ed è stato prontamente punito dal virus, che lo ha spedito in terapia intensiva.
Nei paesi nordici il virus pare sia morto dal freddo, perché i numeri sono bassini.
Gli americani, come il solito, sono partiti alla grande. In pochi giorni hanno spazzato via tutti. È successo come alle Olimpiadi: facile andare al primo posto quando di stati ne hai cinquanta e ti confronti contro uno singolo.
L’Europa, più onesta, non si presenta come un solo stato, se ne guarda bene. Ognuno va per conto suo, e vinca il migliore, da veri sportivi.
Se non ci fossero di mezzo dei morti e tanta gente che sta davvero male, sarebbe una farsa. Chiedo scusa.
Gianni Monduzzi