Categoria: Racconti

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Temevamo la solitudine e siamo stati esauditi… oltre le attese: eccoci alla convivenza coatta…   viviamo tutti in una famiglia intima, raccolta, simbiotica… praticamente un lichene… una cellula sana, tenace nel sopravvivere, che mantiene le distanze dal corpaccione infetto dell’umanità portatrice di virus.

Difendiamo la nostra purezza di famiglia, come una ragazza illibata custodisce la sua verginità. Abbiamo imparato tante cose. Che parlando sputacchiamo di tutto: goccioline di saliva, aerosol, microbi e virus. Schifezze. Un interlocutore è in realtà un inter-sputacchiatore.  Dobbiamo prenderne le distanze. Un metro è già poco, per non sorbire quella doccia mefitica, ce ne vogliono due.

In famiglia è diverso: siamo geneticamente assimilati, possiamo scambiarci le goccioline… ci siamo scambiati anche di peggio… lo spazio vitale! All’inizio della segregazione domiciliare eravamo litigiosi, irritabili. So che in qualche famiglia particolarmente vivace qualcuno, per prudenza, aveva messo in tavola solo posate di plastica. Anche una forchetta, nelle mani sbagliate, può diventare un’arma impropria. Poi tutto è cambiato. È caduto il silenzio. Adesso ci ignoriamo, semplicemente.

A parte la disquisizione su chi si toglie il pigiama per ultimo, e chi lo vorrebbe indossare perennemente, ognuno si fa i fatti suoi. È tornato a se stesso. Chi telefona, chi ascolta la musica negli auricolari, chi osserva il computer, ormai per vizio, più che per interesse. Talvolta qualcuno apre bocca, ma nessuno lo ascolta, tanto l’argomento è sempre quello e lo sappiamo a memoria. Chi è distratto da una telefonata, chi da un messaggino in arrivo. Ci scansiamo nel corridoio come si faceva sull’autobus. Quando si viveva all’aperto.

I medici ci chiedevano l’isolamento fisico, per guarire la pandemia. Noi ci siamo spinti oltre, sconfinando nell’isolamento mentale. Il silenzio che è sceso su di noi parla il linguaggio della telepatia. Sappiamo di essere tutti abbastanza incazzati, annoiati, angustiati del peggio e del dopo peggio, che come tutti i media sostengono, ne seguirà. Parlarne è diventato inutile. È ormai sottinteso.

Ci siamo fatti la corazza contro tutte le cospirazioni possibili: ce ne arrivano un paio al giorno, fantasiose, inverosimili, ma vere, nella dimensione dell’attimo fuggente. Poi cadono nell’oblio, senza essere sconfessate o verificate. Svaniscono nell’aria, come le goccioline che spruzzavamo intorno parlando. Ora che stiamo zitti, non le spruzziamo più. Con gran beneficio per l’igiene domestico.

Ho ricevuto da parte di amici maliziosi così tante foto di donne nude, turgide, siliconate, eccitanti e lubriche, da rischiare di passare sull’altra sponda. Anziché contro il virus mi sto immunizzando contro il gentil sesso. Di tette a cocomero non ne posso più. Mi fanno senso, forse temo che esplodano… chissà quante goccioline spruzzerebbero in giro. Ma il virus sopravvive nel silicone?

Un altro giorno comunque l’abbiamo ammazzato, senza che il virus abbia ammazzato noi. Uno a zero. Per oggi è già un buon risultato. Ne riparleremo domani.

 

Gianni Monduzzi

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Comincia ad appassionarmi questa vita casalinga. Tutto cadenzato, ripetuto, come una marcia, un inno nazionale. La casa è un luogo sicuro, dove ogni cosa è al suo posto. Non è mai stato tutto tanto al suo posto. Ora gli spazzolini da denti sono in fila nel bagno come davanti a un supermercato. Le ciabatte parallele come stanghe ferroviarie in fronte al comodino. In cucina non c’è un tegame che non abbia una fissa dimora. Ho fatto la punta a tutte le matite, rimesso a posto l’album di fotografie. Mi sento bene, come nell’alvo materno.

Non credevo che si potessero fotocopiare le giornate. La mia stampante è laser, bianco e nero, ma fuori splende un sole a colori. Quello però è solo per gli uccelli e i barboni. Io no, io sto al sicuro, in casa. Qui del resto c’è tutto, e lo passo in rassegna ogni giorno: la cantinetta che mi rassicura con trenta chili di pasta assortita, durante la mia ispezione del mattino. Dovrebbero durarmi sei mesi… chissà se riuscirò a smaltirla tutta, chissà se la prossima inevitabile carestia durerà abbastanza… comunque lei è sempre lì, che mi aspetta amichevole,  vive in compagnia di una pila di scatolette piene di ogni grazia di dio. Pomodori pelati, fagioli, tonno, carne, sino al soffitto. Tutto per una vita che verrà… sembra di entrare in una tomba egizia.

La mattina comincia in cucina, con il solito the, mi alzo senza sveglia, verso le dieci. Alzarsi tardi, finalmente, ogni giorno! Era una vita che lo sognavo. L’avevo visto solo nelle case di riposo, quando andavo a trovare la zia con l’Alzheimer. Il dubbio ora è se togliermi il pigiama. No, mi vesto, così ammazzo un po’ il tempo!

Mi attende il computer, con tutte le notizie… ah no, prima viene il cellulare, con i suoi messaggini: una gara a chi smaschera il complotto più astuto, notizie bomba, donne nude, tette enormi, esplosive, dovunque. Non hai mai avuto tanti amici. La noia ci affratella. A parte i messaggi, mi telefona gente che non si degnava da anni. Deve aver proprio esaurito la rubrica…

Mi sposto in salotto, finalmente al computer. Qui mi attendono le ultime notizie allarmanti sul coronavirus. Sì, è lui il protagonista, il personaggio del giorno. Mi dispiace per Greta Thumberg, che era appena arrivata a un passo dal Nobel e poi è stata scavalcata da questo microscopico eroe malvagio.  Ancor più piccolo e feroce di lei. Dove stia, nessuno lo sa, ma c’è, in giro, minaccioso.

Vive ovunque: nelle mascherine, che ci mettiamo per stare al gioco quando usciamo. Sono obbligatorie, anche se esaurite prima di essere state messe in commercio. Però le abbiamo trovate lo stesso, di frodo. Non siamo mica Italiani per nulla! L’effetto anti-contagio dura otto ore, dicono. Ho fatto i conti che una mi durerà sei mesi, visto che posso uscire tre minuti ogni giorno. Io ne ho sei, quindi ho tre anni al sicuro davanti. Chissà se riuscirò a consumarle tutte, magari l’epidemia finisce prima…

Dicevamo del computer, nostro compagno di vita. Lui è tutto il mio mondo. Ci parlo, mi risponde, è gentile, mi mostra notizie terrificanti, proprio come piace a tutti, ormai piacciono anche a me. Ci passo ore a fare statistiche. Quanto durerà la quarantena? Mesi o anni? Quanti morti oggi’ quanti intubati? Funziona la mascherina? Solo per carnevale? Non dire sciocchezze!

Davanti al letto troneggia il televisore. Pareva che avessi previsto tutto, quando l’ho cambiato, prendendolo così grande e bello. Lì ci viaggio il mondo, quel mondo che pare non ci sarà più, ed è favoloso che siano stati registrati così tanti bei documentari, finché il mondo stava lì. Io ne guardo quattro o cinque ore al giorno. Quando passa l’epidemia, se sopravvivo, potrei fare l’operatore turistico, o l’influencer… che, in pratica, cos’è? Un portatore sano…

La notte è la parte che mi riesce peggio, perché faccio sempre lo stesso sogno. Di essere chiuso in casa, agli arresti domiciliari, senza aver commesso altro reato che quello di venire al mondo… Ma è solo un incubo, poi mi sveglio, la notte, a farmi una spaghettata. Una bottiglia di vino, una cioccolata, e passa tutto.

Gianni Monduzzi

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Se non ci ribelliamo a essere trattati per scemi, va a finire che lo diventiamo davvero, senza nemmeno accorgercene. Abbiamo già iniziato a giustificare la disdicevole pratica con la frase: “avranno fatto i loro conti, evidentemente con la gente funziona!”

Ma chi è questa gente? Siamo noi ! Ribelliamoci, sennò va a finire che hanno ragione loro, questi marketing manager da reparto neuro! Rifiutiamo questa elemosina offerta allo scemo. Scemi non siamo.

Finché ci resta un neurone europeo nel cervello, non facciamoci contaminare dalla cultura bulimico-consumistica di oltreoceano. Noi non siamo ancora dipendenti del Black Friday. Ma se non creiamo anticorpi, non so come andrà a finire…

Che fare, in soldoni?

Rifiutiamo il centesimo di elemosina che ci danno di resto. È la carità offerta al presunto scemo.

Avvertiamo i commessi, i quali ovviamente diranno “noi non c’entriamo”… che siamo disgustati da questa presa in giro, perché presuppone in noi una stupidità ancora tutta da verificare.

Personalmente, se posso, evito i negozi con 0,99… finché ce ne sono… mi urtano i nervi quelle vetrine, le giudico un richiamo per i babbei.

Non è vero che si tratta di un vezzo innocente, di danni ne fa: alla cultura, al buonsenso, alla ragione.

Non ci basta pagare il toner della stampante più cara della stampante stessa? O vedere la pubblicità ai cellulari venduti a rate, col suo 0,99 di ordinanza, che dimentica però di indicare il numero delle rate?

Quante sono le rate non lo dicono perché il loro obiettivo è il vitalizio: dalle tasche del presunto scemo alle tasche del presunto genio del marketing.

Diciamoglielo chiaro: smettetela, gli scemi siete voi!

 

Gianni Monduzzi

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LISISTRATA:

…”Nella trascorsa guerra, con la nostra saviezza,

quanto facevano gli uomini patimmo lunga pezza.

Già non ci lasciavate aprir bocca! Contente

di voi, non s’era certo. Pur, si stava al corrente

di quel che facevate. E quante e quante volte,

stando in casa, s’udivano le decisioni stolte

prese da voi su qualche affare di gran momento.

Col riso su le labbra, con l’anima in tormento,

vi chiedevamo: «Che avete deciso stamattina

su la pace? Che cosa dirà la colonnina?» –

«E tu, che cosa c’entri? – rispondeva il marito –

Vuoi star zitta?» Ed io, zitta! …

 

…”E dunque, in casa e zitte! Qualche altra decisione

ci giungeva all’orecchio, dell’altre più funesta,

e chiedevamo: «Sposo mio, così senza testa

fate le cose?» E lui, guardandomi in tralice:

«Bada al telaio, o povere le tue spalle! S’addice

agli uomini, il pensiero della guerra!»…

 

…”neppure potevamo dare un consiglio a voi,

così mal consigliati! Ma quando udimmo poi,

dire un per via: «Rimasto non c’è uno uomo in paese!»

e un altro: «Neppur uno, perdio!», tosto si prese

il partito, noi femmine raccolte in assemblea,

di trarre in salvo l’Ellade. Che mai più s’attendeva?

Noi non diremo dunque cosa che non profitti:

se a vostra volta udire volete, e stare zitti,

vi si rimette in piedi…

 

…”Oggi c’impadroniamo dell’Acropoli.

Venne affidato il compito alle più

vecchie d’impadronirsi della rocca,

col pretesto di offrire un sacrificio,

mentre noi stiamo qui deliberando…

 

DRAGHETTO:

 

“Che strani eventi mira chi vive a lungo, ahimè!

Chi l’avrebbe pensato, di’, Strimodoro, che

un bel giorno le femmine,

delle nostre dimore flagello evidentissimo,

divenute signore e della sacra immagine

e degli spaldi miei, con leve e spranghe avrebbero

sbarrati i Propilèi?” … (continua)

 

…. UNA STORIA DI 2400 ANNI FA!

Lisistrata di Aristofane (dalla traduzione di Ettore Romagnoli)

NE HO RIPORTATO POCHI PASSI, COME INVITO ALLA LETTURA DELLA COMMEDIA.

 

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Se riesci a conservare il controllo quando tutti intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa,

Se riesci ad avere fiducia in te quando tutti ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio,

Se riesci ad aspettare e a non stancarti di aspettare,

o se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne,

O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall’odio, e tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio,

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone,

Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo,

Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina e trattare allo stesso modo questi due impostori,

Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto distorta da furfanti per abbindolare gli sciocchi,

O a contemplare le cose, cui hai dedicato la vita, infrante e piegarti a ricostruirle con arnesi logori,

Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite e rischiarle in un colpo solo a testa e croce,

E perdere e ricominciare di nuovo dal principio e non fiatare una parola sulla perdita,

Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi a servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,

E a tenere duro quando in te non resta altro tranne la Volontà che dice loro: “Tieni duro!”

Se riesci a parlare con la folla e a conservarti retto, e a camminare coi Re senza perdere il contatto con la gente,

Se non riesce a ferirti il nemico né l’amico più caro,

Se tutti contano per te, ma nessuno troppo,

Se riesci a occupare il minuto inesorabile dando valore a ogni istante che passa,

Tua è la terra e tutto ciò che è in essa, e – quel che è più – sei un Uomo, figlio mio!

 

Rudyard Kipling

 

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Il Paradiso europeo è un luogo dove:

i poliziotti sono inglesi,

i cuochi italiani,

i meccanici tedeschi,

gli amanti francesi

e il tutto è organizzato dagli svizzeri.

 

L’Inferno europeo è un luogo dove:

i poliziotti sono tedeschi,

i cuochi inglesi,

i meccanici francesi,

gli amanti svizzeri

ed è tutto organizzato da italiani.

 

(Da fonte anonima)

 

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Nato lì: era l’identità di quella terra. Genuino come le castagne, schietto come una cipolla. Aveva il sapore di quella collina. Negli occhi, l’azzurro del suo cielo. Nei polmoni l’aria tersa dei monti. Non si era mai mosso. Non ne aveva sentito il bisogno. Lì aveva trovato tutto: presente o sotto metafora.

Camminando, ondeggiava col ritmo dei salici al vento. Era curvo come la montagna e profumava di fuliggine del legno di castagno che ardeva dentro il suo camino. Nella sera, quando rincasava, si stagliava sulla cresta del monte, contro la luce del crepuscolo, e il suo profilo era solo una gobba in più sopra il crinale.

Giulio era un granello di montagna che si muoveva tra i castagni, come una fiaba nel tramonto.

(Gianni Monduzzi)

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I vostri figli non sono i vostri figli.

Sono i figli e le figlie della brama che la Vita ha di sé.

Essi non provengono da voi, ma per tramite vostro,

E benché stiano con voi non vi appartengono.

Potete dar loro il vostro amore ma non i vostri pensieri,

Perché essi hanno i propri pensieri.

Potete alloggiare i loro corpi ma non le loro anime,

Perché le loro anime abitano nella casa del domani,

che voi non potete visitare, neppure in sogno.

Potete sforzarvi d’essere simili a loro,

ma non cercate di renderli simili a voi.

Perché la vita non procede a ritroso e non perde tempo con ieri.

Voi siete gli archi dai quali i vostri figli sono lanciati come frecce viventi.

L’Arciere vede il bersaglio sul sentiero dell’infinito,

e con la Sua forza vi tende affinché le Sue frecce vadano rapide e lontane.

Fatevi tendere con gioia dalla mano dell’Arciere;

Perché se Egli ama la freccia che vola, ama ugualmente l’arco che sta saldo.

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  • Le mance obbligatorie, che non sono regalie facoltative, ma oggetto di pretese arroganti. Devi impazzire a calcolarle e non vedi mai nessun soddisfatto. Il beneficato infatti, mostrandosi scontento, lavora sui sensi di colpa, innalzano il livello delle percentuali.
  • Le tasse, mai incluse nei prezzi indicati sui cartellini, una piccola truffa consentita, che ti sballa tutti quanti i calcoli dei resti.
  • I prezzi, che finiscono sempre per 0,99 un metodo irritante per trattarti da babbeo, come se un centesimo di resto potesse convincerti di aver speso meno.
  • Il sistema metrico: le misure hanno multipli organizzati in modo delirante. La temperatura le batte tutte: i Fahrenheit, li avesse inventati un Italiano, sarebbe finito in manicomio.
  • Le confezioni di prodotti alimentari, che a dispetto delle schifezze che contengono, recano rigorose descrizioni chimiche e valori dietetici degni di un trattato di farmacologia.
  • La gente obesa, barcollante per le strade, che trangugia incessantemente cibarie disgustose.
  • La pronuncia, con quel tipico suono gutturale americano, che io definirei “la voce anale”.
  • Le auto, che suonano il clacson per puro vizio: un misto di frustrazione e odio per gli altri.
  • Quella voglia diffusa di trovarti in fallo, per impartirti una bella lezioncina. Aggressività latente, che viene spacciata per civico rispetto delle regole.
  • I gusti pacchiani nell’ostentare ricchezza. Solo qui trovi auto alllungate come cani bassotti.
  • La gente che deve dormire nei cartoni. Proprio sotto sfavillanti grattacieli…
  • Il sistema sanitario a pagamento: al pronto soccorso non interessa tanto il tuo gruppo sanguigno, quanto il colore della tua carta di credito.
  • La litigiosità diffusa: dato che qui i tribunali funzionano, se puoi permetterti esosi avvocati, litigare è una lucrosa professione. C’è da rimpiangere il nostro sistema giudiziario!
  • Il matrimonio come business. Non si mettono in comune sentimenti, ma patrimoni economici: sono le uniche cose che contano, qui. Se ne accorgono all’atto del divorzio!
  • Già: il divorzio… Pare sia diventato obbligatorio. Il divorzio qui è lo sport nazionale…

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Ogni mattina, la prima cosa che faccio è accendere la televisione, per apprendere la disgrazia del giorno. I solerti giornalisti passano la notte a setacciare l’ANSA per buttare la penna su quelle più ghiotte. Le disgrazie sono il pane dei giornalisti, il companatico siamo noi. Niente disgrazie, niente ascoltatori. Fortunatamente noi popolo siamo avidi di notizie disastrose. Ci fa sentire nobili di cuore associarci a chi dentro le disgrazie ci è capitato, suo malgrado. Un attimo di raccoglimento, poi si passa allo sport. Come spartiacque c’è la pubblicità a frenare le lacrime. Sì, le disgrazie alzano gli ascolti e favoriscono la pubblicità.

Le disgrazie e il loro seguito di notizie seguono le stagioni: i disastri naturali vengono buoni soprattutto d’inverno, che il dramma si fa più pesante. Gli attentati di domenica, così hanno più audience. Siamo tutti attenti ai telegiornali la mattina, sapendo che per tutta la giornata i talk show poi ci torneranno a ricamare su. Un mondo intero di gente che ci vive, ne parla, si raccoglie in contrizione e ci fa la sua bella figura.

E se non ci sono disgrazie? C’è sempre un rimedio: Roma, con la Raggi da mettere in croce; gli Usa, alle prese con le manovre di Trump; l’Europa, a rischio disintegrazione. Sono disgrazie di scorta, di seconda linea, da riscaldare col microonde di qualche intervista.

Le disgrazie danno anche un’occasione ai fedeli di ringraziare Dio per quegli undici che si sono salvati, alla faccia dei ventinove che sono morti… e qui cambio discorso, perché l’inferno non fa per me.

Gianni Monduzzi

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