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A sessant’anni capita spesso di tornare sui ricordi per fare un consuntivo della propria vita, si suppone di essere ormai vicini ai tempi supplementari, se si vuole compiere qualche ultima azione è meglio sbrigarsi, perché l’Arbitro guarda spesso il cronometro e giocherella pericolosamente con il fischietto. Questa dell’aceto mi era ritornata in mente e, grazie ai tempi moderni, ora avevo ben altre fonti per scoprirne la storia. Feci una serrata ricerca sul WEB, passando nottate errabonde, rimbalzato da una biblioteca all’altra, ficcandomi talvolta nei vicoli ciechi di siti inesistenti. Ma, grazie alle ricerche, sono ora in grado di dirvi autorevolmente che l’Aceto dei Sette ladri fu inventato in occasione della peste di Tolosa, nel 1630, da alcuni ladroni che, approfittando della situazione, andavano a rubare nelle case degli appestati, indenni da ogni contagio! La leggenda vuole che si cospergessero il corpo con un portentoso aceto ottenuto per macerazione di segrete spezie e piante medicinali. Si pensava dunque che il suddetto intruglio avesse proprietà miracolose. Questo aceto fortissimo in realtà teneva alla larga ratti, topacce e pantegane, responsabili della diffusione del morbo. Ma la fama dell’aceto miracoloso si diffuse nel settecento, tanto che, stando a Casanova, lo si usava anche sulle frittate, presumo in una versione mitigata, visto che la formula originale, da me provata personalmente, si è rivelata così pestilenziale da tener lontani non soltanto i topi, ma ogni assennato gourmet. Della formula ce ne sono in giro parecchie versioni, una più speziata dell’altra. C’è chi tuttora la usa come antidoto per gli svenimenti femminili… ma ci sono ancora donne che svengono? Mi pare che ora prediligano far svenire noi maschi.

 

Comunque, dal mio punto di vista, era quanto necessario per riempire quella nicchia vuota nella mia cassetta di legno fatta a mano in quel di Erbusco. La bottiglietta giusta l’avevo già individuata tra i miei campioni. Avevo l’idea di fare una miscela di aceti eccezionali, nella giusta proporzione tra loro, per ottenerne uno così formidabile, da non sfigurare rispetto alla memoria di Casanova per un devoto seguace come me. Non era un’impresa semplice, ma era iniziata la più bella avventura.

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