RACCONTI DALLA QUARANTENA #1 – QUARANTENA… QUARANTENA…

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Comincia ad appassionarmi questa vita casalinga. Tutto cadenzato, ripetuto, come una marcia, un inno nazionale. La casa è un luogo sicuro, dove ogni cosa è al suo posto. Non è mai stato tutto tanto al suo posto. Ora gli spazzolini da denti sono in fila nel bagno come davanti a un supermercato. Le ciabatte parallele come stanghe ferroviarie in fronte al comodino. In cucina non c’è un tegame che non abbia una fissa dimora. Ho fatto la punta a tutte le matite, rimesso a posto l’album di fotografie. Mi sento bene, come nell’alvo materno.

Non credevo che si potessero fotocopiare le giornate. La mia stampante è laser, bianco e nero, ma fuori splende un sole a colori. Quello però è solo per gli uccelli e i barboni. Io no, io sto al sicuro, in casa. Qui del resto c’è tutto, e lo passo in rassegna ogni giorno: la cantinetta che mi rassicura con trenta chili di pasta assortita, durante la mia ispezione del mattino. Dovrebbero durarmi sei mesi… chissà se riuscirò a smaltirla tutta, chissà se la prossima inevitabile carestia durerà abbastanza… comunque lei è sempre lì, che mi aspetta amichevole,  vive in compagnia di una pila di scatolette piene di ogni grazia di dio. Pomodori pelati, fagioli, tonno, carne, sino al soffitto. Tutto per una vita che verrà… sembra di entrare in una tomba egizia.

La mattina comincia in cucina, con il solito the, mi alzo senza sveglia, verso le dieci. Alzarsi tardi, finalmente, ogni giorno! Era una vita che lo sognavo. L’avevo visto solo nelle case di riposo, quando andavo a trovare la zia con l’Alzheimer. Il dubbio ora è se togliermi il pigiama. No, mi vesto, così ammazzo un po’ il tempo!

Mi attende il computer, con tutte le notizie… ah no, prima viene il cellulare, con i suoi messaggini: una gara a chi smaschera il complotto più astuto, notizie bomba, donne nude, tette enormi, esplosive, dovunque. Non hai mai avuto tanti amici. La noia ci affratella. A parte i messaggi, mi telefona gente che non si degnava da anni. Deve aver proprio esaurito la rubrica…

Mi sposto in salotto, finalmente al computer. Qui mi attendono le ultime notizie allarmanti sul coronavirus. Sì, è lui il protagonista, il personaggio del giorno. Mi dispiace per Greta Thumberg, che era appena arrivata a un passo dal Nobel e poi è stata scavalcata da questo microscopico eroe malvagio.  Ancor più piccolo e feroce di lei. Dove stia, nessuno lo sa, ma c’è, in giro, minaccioso.

Vive ovunque: nelle mascherine, che ci mettiamo per stare al gioco quando usciamo. Sono obbligatorie, anche se esaurite prima di essere state messe in commercio. Però le abbiamo trovate lo stesso, di frodo. Non siamo mica Italiani per nulla! L’effetto anti-contagio dura otto ore, dicono. Ho fatto i conti che una mi durerà sei mesi, visto che posso uscire tre minuti ogni giorno. Io ne ho sei, quindi ho tre anni al sicuro davanti. Chissà se riuscirò a consumarle tutte, magari l’epidemia finisce prima…

Dicevamo del computer, nostro compagno di vita. Lui è tutto il mio mondo. Ci parlo, mi risponde, è gentile, mi mostra notizie terrificanti, proprio come piace a tutti, ormai piacciono anche a me. Ci passo ore a fare statistiche. Quanto durerà la quarantena? Mesi o anni? Quanti morti oggi’ quanti intubati? Funziona la mascherina? Solo per carnevale? Non dire sciocchezze!

Davanti al letto troneggia il televisore. Pareva che avessi previsto tutto, quando l’ho cambiato, prendendolo così grande e bello. Lì ci viaggio il mondo, quel mondo che pare non ci sarà più, ed è favoloso che siano stati registrati così tanti bei documentari, finché il mondo stava lì. Io ne guardo quattro o cinque ore al giorno. Quando passa l’epidemia, se sopravvivo, potrei fare l’operatore turistico, o l’influencer… che, in pratica, cos’è? Un portatore sano…

La notte è la parte che mi riesce peggio, perché faccio sempre lo stesso sogno. Di essere chiuso in casa, agli arresti domiciliari, senza aver commesso altro reato che quello di venire al mondo… Ma è solo un incubo, poi mi sveglio, la notte, a farmi una spaghettata. Una bottiglia di vino, una cioccolata, e passa tutto.

Gianni Monduzzi

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