Per questo, ogni estate torno qui in montagna, nel paesino di mio padre: per tenermi pronto ad una prossima, inevitabile semplificazione. Da vecchio penso infatti di finire qui i miei giorni. Tra gente semplice, schietta, riscoprirò le origini, come chi cerca nuovamente la stazione di partenza per salire sul treno del ritorno.
Lì, nella quiete, avrò nel cuore un rimpianto solo: mi mancheranno i bastardi creativi. Quelli che perdi quando non hai più nulla da farti portar via. Peccato, perché ti stuzzicano la vita, confezionandoti chimere su misura, per farti correre dietro alle loro vanaglorie.
Mi mancheranno i ladri di illusioni, quelli che campano sopra i nostri sogni. Perché vorrà dire che ho trovato il disincanto. Mi mancherà il fragore delle imprese assurde, che animano la nostra giovinezza, e i turbamenti procurati da uno sguardo, su cui fare ricami per la notte.
Ma avrò il sole, a consolarmi ogni mattina, o la pioggia a farmelo rimpiangere. E una valle degli orti silenziosa, per dialogare sulla vita con le sue metafore. Avrò i ricordi ad affumicarmi gli occhi, delle donne che mi hanno un tempo acceso. Avrò gli amici con i quali ho riso, e i soldi in banca che mi sono risparmiato. Ed avrò il vento, che spazzerà via ogni cosa.
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