Abbiamo capito che stiamo tutti in quarantena per dare respiro agli ospedali, perché non si intasino con troppi di noi ad affollare le terapie intensive. Senza un vaccino, alla fine ci ammaleremo tutti, ma dobbiamo farlo un po’ per volta.
L’ideale sarebbe poterci programmare in base ai posti liberi: ogni mattina esce un bollettino con i letti di terapia intensiva disponibili, e qualcuno in più può uscire a fare jogging.
Purtroppo, in assenza di un vaccino, l’operazione si protrarrà parecchio. Ho fatto un conto approssimativo. In tre mesi abbiamo smaltito circa l’1% degli italiani, tra malati ufficiali e malati “in nero” – senza nero noi italiani non potremmo vivere – per esaurire la popolazione ci vorranno dunque circa 300 mesi, ossia venticinque anni.
Temo di non arrivarci per verificarlo. Forse è per questo motivo che ci si propone di tenere gli anziani in casa per tutto il tempo. Eviteranno di ammalarsi, e di condurre una vita temeraria, come è loro costume.
La cosa è ragionevole: preferisco andare all’ospedale più avanti possibile, quando ci sarà un bel letto libero, magari in stanza singola, piuttosto che ammucchiato in un ripostiglio o un sottoscala.
Faccio di tutto per rimandare quel giorno. Sto pure convincendo i miei denti a non farmi male finché il dentista non riapre e i capelli a non crescere finché il parrucchiere non tira su la serranda.
Semplicemente siamo tutti in attesa di vivere.
Anche in famiglia, per scansare il contagio qualcuno, sopraffatto dalla psicosi, si chiude nel bagno, qualcun altro in camera sua. Chi non trova più stanze libere, si rinchiude in se stesso. I credenti si chiudono nella preghiera.
Siamo tutti determinati a sopravvivere, per scoprire che strada prenderà il disastro economico e sociale… per la curiosità di vedere se, restare in vita, sarà stata una buona idea.
Gianni Monduzzi